F.A.Q.

Faq


Come si elegge il RLS? Nella aziende, o unità produttive, che occupano sino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto direttamente dai lavoratori al loro interno. Nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza può essere individuato per più aziende nell'ambito territoriale ovvero del comparto produttivo. Esso può essere designato o eletto dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali, così come definite dalla contrattazione collettiva di riferimento. “ Anche l’accordo con la Confindustria ricalca più o meno il testo legislativo, salvo un’ulteriore suddivisione per le aziende da 201 a 300 dipendenti, per le quali sono previste 3 anziché due RLS, di cui due tra i componenti RSU (vanno anche questi sempre ratificati dai lavoratori) e uno eletto dai lavoratori.

Chi provvede alla formazione del RLS? Il corso di formazione di 32 ore per il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza é a completo carico del datore di lavoro, e deve avvenire nel normale orario di lavoro, senza che il RLS debba chiedere permessi di alcun genere.

Quali responsabilità ha il RSPP? La persona che deve ancora essere nominata RSPP presso l'azienda presso cui lavora, una volta ottenuto l'incarico, deve effettuare ai sensi del D.Lgs.195/03 un corso di formazione presso gli Enti titolati ad organizzarlo, con rilascio di attestazione. La figura del RSPP é penalmente irresponsabile, come lo é la figura del RLS; ovvero la sua responsabilità é uguale a quella degli altri lavoratori come da art.5 del D.Lgs.626/94.

Quali sono i limiti nell’attività del Medico Competente? Il medico competente designato dal datore di lavoro, incontra sempre nell’espletamento della propria attività un limite ben preciso, costituito dal divieto di effettuare tutti quegli accertamenti che possano risultare lesivi della dignità dei lavoratore o pregiudizievoli dei suoi diritti, e come tali rientranti nel divieto di cui all'art. 5 della Legge 300/70 “Lo Statuto dei Lavoratori”; restano invece escluse da tale divieto, in quanto dirette alla tutela primaria della salute dei lavoratore, le seguenti ipotesi:gli accertamenti strettamente finalizzati ad interventi di pronto soccorso, in ottemperanza dell'art. 2087 codice civile;gli accertamenti di idoneità e le visite periodiche previste dalle leggi speciali che impongono al datore di lavoro il dovere di sorveglianza sanitaria per determinate categorie di lavoratori esposti a rischi specifici (D.P.R. n. 303,96; D.Lgs. n. 277191; D.Lgs. n. 626194), nonché le visite richieste dal lavoratore qualora tale richiesta sia correlata ai rischi professionali. Trattandosi di norme che fanno eccezione a regole di natura generale, sembra da escludersi ogni possibilità di applicazione analogica; tuttavia ulteriori ipotesi sono previste dalla contrattazione collettiva, in presenza del consenso prestato dal lavoratore

Chi è detto di preciso "videoterminalista", chi ha diritto ad effettuare la pausa di 15 minuti? Un videoterminalista è chiunque utilizzi un monitor collegato ad un computer, ad una tastiera, ad un mouse, per fini lavorativi, artistici, ludici. Dal punto di vista della normativa di salute e sicurezza sul lavoro è invece definito "lavoratore addetto all'uso di attrezzature munite di videoterminali " il lavoratore che utilizza detta attrezzatura, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni. Alle interruzioni, di 15 minuti ogni 120 minuti di lavoro al videoterminale (ma ci possono essere contratti che prevedono tempi più favorevoli al lavoratore...), ha diritto ciascun lavoratore che svolga la sua attività per almeno 4 ore consecutive.In effetti la frase che fa riferimento alle 20 ore settimanali serve per definire esattamente il cosiddetto "lavoratore esposto (al rischio videoterminale)", al fine di mettere in atto per lui l'obbligo della sorveglianza sanitaria, cioè l'effettuazione di visite mediche periodiche da parte del medico competente.

Quali sono le temperature ed umidità ambientali che consentono di lavorare in condizioni ideali o quasi? Dal punto di vista normativo, il riferimento è l’articolo 11 del D.P.R. 19 marzo 1956 n.303, comma 1, 2 e 5, come modificato dall’art.33 comma 7 del D.Lgs. 626/94: Articolo 11 – Temperatura dei locali. 1.La temperatura dei locali di lavoro deve essere adeguata all’organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori . 2.Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità e il movimento dell’aria concomitanti. 5.Quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto l’ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione. Come vede la norma sembra voler tenere in maggior conto dei parametri di benessere termico piuttosto che considerare semplicemente le misure della temperatura, dell’umidità relativa e della ventilazione. Tanto è vero che, per effettuare la valutazione degli ambienti di lavoro dal punto di vista microclimatico, vengono usati come riferimento gli indici di confort termico determinati nel 1985 dal danese Fanger. Questi indici tengono conto delle variabili microclimatiche (temperatura, ventilazione e umidità relativa), ma anche di quelle variabili che sono legate al soggetto, come il tipo di attività fisica e l’abbigliamento. Posso comunque indicarle qual è il range di accettabilità dei parametri microclimatici: Temperatura tra i 18° e i 21° Centigradi Umidità Relativa tra il 40% e il 75% Ventilazione tra 0,01 e 0,3 metri al secondo Sempre a proposito della temperatura, è chiaro che ci sono luoghi (a causa delle strutture murarie, dell’esposizione, della indispensabile presenza di aperture sull’esterno, del tipo di attività che vi si svolge, ecc.) dove è molto difficile, soprattutto in inverno, mantenere una temperatura accettabile. In tal caso si ricorda il dovere di ricorrere a misure tecniche localizzate o a mezzi personali di protezione (nel senso che anche una giacca imbottita è un Dispositivo di Protezione Individuale). E’ chiaro che poi, nella necessità di istallare un impianto di condizionamento, ci sono altri numeri ai quali fare riferimento, magari ricavati da una centralina microclimatica che misuri sul vostro luogo di lavoro dei valori importanti come la temperatura, la velocità dell’aria, l’umidità relativa. Si potrebbero poi prendere a riferimento altri numeri, per esempio quelli delle Linee Guida ISPESL per applicazione agli uffici (1995): per quanto riguarda gli impianti di condizionamento in luoghi di lavoro dove venga svolto lavoro d’ufficio sono i seguenti: Condizionamento: preferibilmente a totale ricambio d’aria o con massimo riciclo del 30%. Temperatura: 20-23°C in inverno, 23-26°C in estate. Ventilazione: 0.1-0.2 metri al secondo, con portata di almeno 20 metri cubi orari per persona. Umidità Relativa: 40-50%.

In caso di inottemperanza degli obblighi di legge rivenienti dall' art. 4 l.626/94 da parte del datore di lavoro, qual è l'iter da seguire per la denuncia; qual è l'ufficio preposto cui rivolgersi per accertare la violazione? Il servizio di prevenzione della ASL territorialmente competente é l'organo di vigilanza cui ci si può rivolgere denunciando le inadempienze del datore di lavoro.

Vorrei sapere quali responsabilità si assumono accettando l'incarico di addetto alla sicurezza prevenzone incendi. Mi chiedo inoltre se sia possibile dimettersi da tale incarico e con quali motivi? La risposta va cercata non solo alla luce del Dlgs. 626/94 ma anche del disposto dal DM 10.3.98 "Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro". Sull'onere delle responsabilità in carico all'addetto alla gestione delle emergenze e non esplicitamente richiamate dal Dlgs. 626/94 può sostenersi che queste rientrino, fermo restando la completa attuazione degli specifici obblighi in capo al datore di lavoro, tra quelle dei lavoratori. Pertanto il lavoratore, e quindi l'addetto alla gestione delle emergenze, ha il dovere di contribuire insieme al datore di lavoro, ai dirigenti ed ai preposti all'adempimento di tutti gli obblighi necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori. Tra questi obblighi, peraltro sanzionati dall'art. 93 troviamo sia quelli previsti dall'art. 5.2 ed in particolare il comma d, che quelli del l'art. 12 comma 3: art. 5.2.d : segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dispositivi di cui alle lettere b) e c), nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; art. 12 comma 3: I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione. Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni ovvero dei rischi specifici dell'azienda ovvero dell'unità produttiva. Dalla lettura del DM 10.3.98, appaiono altri doveri riconducibili agli addetti alla gestione delle emergenze riportati nell'allegato VIII punto 2: Il piano di emergenza deve essere basato su chiare istruzioni scritte e deve includere: a) i doveri del personale di servizio incaricato di svolgere specifiche mansioni con riferimento alla sicurezza antincendio, quali per esempio: telefonisti, custodi, capi reparto, addetti alla manutenzione, personale di sorveglianza; b) i doveri del personale cui sono affidate particolari responsabilità in caso di incendio; appare evidente che questi doveri corrispondono a responsabilità a condizione che il datore di lavoro abbia erogato una idonea formazione, garantito i necessari DPI, effettuato le esercitazioni previste con il coinvolgimento degli addetti, predisposto all'interno del piano di emergenza procedure comportamentali ed operative congrue con le ipotesi di rischio presenti nel sito aziendale. Non va peraltro dimenticato che anche per l'addetto alle emergenze, che comunque resta un lavoratore, vige l'art. 14.1 del dlgs 626/94 ovvero il diritto dei lavoratori ad allontanarsi in caso pericolo grave ed immediato. Rispetto all'obbligo della segnalazione di eventuali carenze ed al mancato adeguamento da parte del datore di lavoro si puo fare riferimento al citato art. 5.2.d che prevede la possibilità (dovere?) di informare del fatto il R.L.S. e non esclude la possibilità di interessare direttamente gli organi di vilanza competenti, anche se, suggerirei, solo in ultima analisi e successivamente all'attivazione degli organismi sindacali. In merito all'ipotesi di presentare dimissioni dall'incarico ritengo possibile la presentazione dell'istanza al datore di lavoro fermo restando l'obbligo del lavoratore designato a ricoprire il ruolo salvo giustificati motivi. In ordine ai giustificati motivi credo possano essere richiamate solo particolari e certificate condizioni di salute ovvero precedenti esperienze che possono aver provocato condizioni di stress post-trauma.

La scelta dei DPI viene fatta da RSPP previa consultazione con RLS? Come ben dice il Decreto Legislativo 626/94 all'art.43 comma 3: "il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i dispositivi di protezione individuale (DPI) conformi ai requisiti previsti dall'art.42 e dal decreto di cui all'art.45, comma 2". "Fornisce" significa che sceglie, acquista, dà al lavoratore un dispositivo che gli consenta di lavorare eliminando o riducendo al minimo il rischio di infortunio o di malattia professionale. E' un suo obbligo e pertanto deve essere lui ad effettuare l'acquisto, non potendo assolutamente chiedere al lavoratore alcun tipo di sostegno economico, nemmeno in cambio di una maggiore attenzione nella scelta e nella fornitura. Mi spiego: non può stabilire uno standard di qualità e quindi di costo, oltre il quale deve intervenire il lavoratore, se quest'ultimo vuole un prodotto adeguato alla sua persona, perché l'art. 42 comma 2 lettera c) afferma che i DPI forniti al lavoratore devono "tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore". Pertanto il datore di lavoro è obbligato a fornire al lavoratore dei DPI che lo proteggano da infortuni o malattie professionali, senza creare al lavoratore un problema di salute dovuto ad una scelta errata o alla fornitura di prodotti inadeguati alle esigenze ergonomiche (la misura precisa delle scarpe, per es.) o di salute (la necessità di un plantare, per es.) del lavoratore. La mancata fornitura al lavoratore di DPI confermi a questi, come ad altri requisiti specificati dall'art.42 può comportare, per il datore di lavoro e il dirigente (dello stabilimento, del reparto, ecc.), una ammenda da 1.500 a 4.000 euro o l'arresto da 3 a 6 mesi. Detto questo, per rispondere pienamente alla sua domanda, va detto che la scelta dei D.P.I. è un compito del Datore di Lavoro, come può ricavare dall'art. 43 del D.Lgs. 626/94; una scelta da lui effettuata tenendo conto dei requisiti richiesti dall'art. 42. Infine, come si evince dall'art. 11 del D.Lgs. 626/94 - Riunione periodica di prevenzione e protezione - il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (R.L.S.) partecipa alla riunione nella quale, oltre al Documento di Valutazione dei Rischi, il Datore di Lavoro sottopone all'esame dei partecipanti "l'idoneità dei mezzi di protezione individuale". E' in questa occasione che il RLS può e deve esercitare le sue attribuzioni, tra le quali (art.19 comma 1 lettera h): "promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori". Questo è il momento in cui il RLS può dire la sua sui D.P.I.

Vorrei sapere se esistono e quali sono i requisiti per guidare i carrelli elevatori o muletti (patentino) I carrelli elevatori a forche, comunemente denominati “muletti”, devono essere utilizzati solo da personale che ha ricevuto un’adeguata formazione (a seguito di tale formazione è possibile ottenere il permesso di guida, che qualifica il lavoratore e lo segue da una azienda all’altra). In particolare (art. 38 del D.Lgs. 626/94) il datore di lavoro deve assicurarsi che: i lavoratori incaricati di usare le attrezzature di lavoro ricevano una formazione adeguata sull’uso delle attrezzature di lavoro. Si tratta di un obbligo sanzionato per Datori di lavoro e Dirigenti con arresto da tre a sei mesi o ammenda da 3 a 8 milioni di lire. Il lavoratore deve invece sapere che deve usare l’attrezzatura di lavoro solo conformemente a quanto insegnatogli, deve indossare indumenti adeguati, che non possano costituire pericolo, deve indossare i D.P.I. prescritti (scarpe antinfortunio, per es.), non deve assolutamente rimuovere o modificare i dispositivi di sicurezza o di segnalazione. Per sua informazione le trascrivo alcune indicazioni comportamentali del cartellista per la protezione dagli infortuni sul lavoro: § Inizio lavoro: controllare pneumatici, freno, freno a mano, comandi, avvisatore acustico e luci. § Fine lavoro: parcheggiare nel luogo assegnato, appoggiare le forcole sul pavimento, azionare il freno a mano, spegnere il motore e togliere le chiave. § Durante la circolazione: tenere una velocità adeguata al percorso, al carico, alle condizioni della pavimentazione, all’andatura in retromarcia. Non alzare o abbassare il carico durante il trasporto, non sporgere parti del corpo fuori dalla sagoma del carrello, utilizzare il segnalatore acustico là dove la visibilità è ridotta, presso posti di lavoro, attraversando portoni. Non frenare bruscamente. Se il mezzo non è abilitato, non trasportare altri in cabina né sollevarli sulle forcole. Queste sono le principali indicazioni per la guida, poi ci sono indicazioni importanti che riguardano come vanno immagazzinati i materiali, casse o pallets che siano.

E' sempre obbligatorio in azienda il medico competente? Il datore di lavoro deve nominare il medico competente qualora sia prevista dalla normativa la "sorveglianza sanitaria". L’art. 16 del D.Lgs.626/94 recita: 1. La sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti dalla normativa vigente. 2. La sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico competente…….. Quindi, in base all’articolo sopra riportato, la sorveglianza sanitaria deve essere effettuata nei casi previsti dalla legge. Oltre alle leggi speciali sulle radiazioni ionizzanti e il D.Lgs.277/91 sull’esposizione a piombo, amianto e rumore, valgono gli articoli 33,34 e 35 del D.P.R. 303/56 e la tabella delle lavorazioni per le quali vige l’obbligo delle visite mediche preventive e periodiche. Inoltre il D.P.R. 336/94 contiene il Regolamento recante le nuove tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura. Il D.Lgs.626/94 inserisce nell’obbligo della sorveglianza sanitaria altre attività lavorative che comportano la sorveglianza sanitaria: La movimentazione manuale dei carichi L’attività di utilizzo dei videoterminali L’esposizione ad agenti cancerogeni L’esposizione ad agenti biologici. Vede bene che la presenza del medico competente in azienda è data da norme precise e, naturalmente, dai risultati della valutazione dei rischi.

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