CONFINDUSTRIA - DECRETO TESTO UNICO SICUREZZA: UN PRIMO RILEVANTE PASSO AVANTI


CONFINDUSTRIA COMUNICATO STAMPA

Il Consiglio dei Ministri ha approvato in prima lettura il decreto correttivo del cd testo unico della sicurezza, varato dal precedente Governo.

Confindustria, pur riservandosi di dare una valutazione più puntuale quando saranno noti i testi, ritiene che il decreto rappresenti un passo avanti, ancorchè ancora insufficiente ai fini del raggiungimento dell’obiettivo, da tutti condiviso, di fornire una tutela sostanziale della sicurezza dei lavoratori, evitando al tempo stesso inutili adempimenti formali o vere e proprie vessazioni, specie nei confronti delle PMI.

Confindustria chiede da tempo un intervento volto a correggere i numerosi errori materiali e tecnici del testo in vigore e ad apportare profonde semplificazioni negli adempimenti, soprattutto quelli formali, nella convinzione che la tutela della sicurezza passi soprattutto attraverso una normativa chiara, semplice, certa. In questo senso sembra essersi mosso il legislatore.

Le sanzioni penali sono necessarie, soprattutto nel caso di inadempimenti che mettono effettivamente a rischio la salute e la sicurezza dei lavoratori. Riteniamo, però, che debbano rappresentare l’extrema ratio, dovendo essere precedute da un intenso sforzo in termini di prevenzione, formazione ed informazione.

Anche in questo caso, l’annunciata rivisitazione delle sanzioni in chiave di proporzionalità tra gravità della condotta e peso della sanzione sembra essere stata colta dal legislatore. Ricordiamo che il decreto correttivo è stato preceduto da un accordo tra tutte le parti imprenditoriali ed i sindacati, ad eccezione della CGIL, nel quale sono stati condivisi molti interventi di semplificazione che sembrano essere stati recepiti.

Le imprese attendono dall’intervento di riordino anche la assegnazione di adeguate risorse per la prevenzione e la formazione dei datori di lavoro e dei lavoratori. In alcune dichiarazioni di stampa viene contestato l’operato del Governo. Sinceramente non riusciamo a comprenderne il fondamento. Nelle dichiarazioni del Ministero del lavoro e nei testi ufficiosi che sono circolati non ci sembra di poter riscontrare i pericoli denunciati.

Né sulla riduzione della responsabilità del datore di lavoro né, men che meno, sulla attribuzione di responsabilità al lavoratore. La sicurezza è un dovere comune, frutto di uno sforzo condiviso, che trova riconoscimento nelle sanzioni già comminate a datori di lavoro e lavoratori dal decreto legislativo n. 626/1994. Nessuna novità, dunque, su questo profilo. Anche le contestazioni in merito ad un presunto intervento demolitorio dello Statuto dei lavoratori non rispondono al vero. Se ci si riferisce al divieto della visita preassuntiva, di origine giurisprudenziale risalente a dieci anni fa, essa ci sembra imposta dalla valutazione che la sicurezza dei lavoratori viene prima di ogni altra considerazione o rivendicazione di tipo sindacale.

Tant’è che questo punto è stato oggetto di accordo tra le organizzazioni di rappresentanza delle imprese e quelle dei lavoratori, esclusa la CGIL, nel mese di gennaio 2009. Se, poi, ci si riferisce al ruolo dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, la disposizione dello statuto dei lavoratori è stata semplicemente aggiornata, attribuendo a questi soggetti, introdotti dal decreto legislativo n. 626/1994, le competenze che nel 1970 erano riconosciute alle rappresentanze sindacali unitarie. Si tratta di un intervento di ammodernamento e di semplificazione, che evita una duplicazione di competenze.

Si contesta la riduzione della tutela sanitaria. In realtà l’eliminazione di un adempimento formale di mera comunicazione di dati, comunque a conoscenza delle ASL, non può essere interpretato come una diminuzione di tutela. Piuttosto è una semplificazione che libera il medico competente da duplicazione di adempimenti e garantisce maggiori risorse per vere azioni di sorveglianza e di prevenzione.

Apprezziamo le dichiarazione del Ministro quando conferma che si tratta di un testo aperto, sul quale ci sarà un confronto con le parti sociali, assolutamente imprescindibile dato il coinvolgimento di interessi fondamentali per i lavoratori e le imprese. Sotto questo versante, pur apprezzando i notevoli sforzi per migliorare una legislazione estremamente tecnica, riteniamo che rimangano ancora aperti alcuni punti critici sui quali Confindustria chiede un intervento modificativo. Molte sanzioni penali sono ancora oggi collegate a inadempimenti assolutamente privi del carattere di offensività (si consideri il fatto che rimane soggetta a sanzioni penali la sola mancanza di acqua calda o di saponette nei bagni).

Molte sanzioni hanno un carattere assolutamente generico, tanto da impedire al datore di lavoro di sapere, con precisione, quando può dire di aver adempiuto agli obblighi di legge. Si consideri il caso di tutte le norme che impongono di ridurre al minimo il rumore, o che impongano di adottare comportamenti “idonei”, “sufficienti”, “adeguati”: chi giudica il rispetto della norma, in presenza di condizioni così ampie ed indeterminate? Alcuni inadempimenti sono sanzionati in modo tuttora incoerente: apprendiamo che la sospensione dell’attività sarebbe comminata nel caso di violazioni plurime e non più reiterate, come era in precedenza. Questo vuol dire che si contesta la compresenza di violazioni e non più l’atteggiamento del datore di lavoro che persevera nell’inadempimento.

Questo rischia di avere pesanti ricadute sulla operatività delle aziende, considerato che bastano tre violazioni contemporanee per portare alla chiusura dell’azienda. Queste ed altre criticità non sono state ancora adeguatamente affrontate e si prestano a rilievi di forte perplessità. Auspichiamo che il successivo confronto possa consentire di risolvere tutti gli aspetti ancora non adeguatamente regolamentati, nell’interesse dei lavoratori e delle imprese.

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