inchiesta sull’infortunio sul lavoro

Si attendono per oggi le decisioni del sostituto procuratore Luciano Padula, titolare dell’inchiesta sull’infortunio sul lavoro costato la vita a Arsim Jahiri, il giovane operaio kosovaro di 27 anni precipitato sabato mattina dal tetto di un capannone della Domus Linea, durante lavori di ristrutturazione affidati ad una ditta edile modenese.

Dal magistrato della procura reggiana si attendono decisioni in merito all’autopsia sul corpo dell’operaio 27enne ed eventualmente altri atti nei confronti dei responsabili della ditta appaltatrice o di chi comunque aveva la responsabilità della sicurezza sul cantiere. E questo anche sulla base del rapporto dei tecnici del distretto Ausl scandianese che hanno compiuto sabato il sopralluogo. Arsim Jahiri è morto dopo essere caduto da un’altezza di circa dieci metri: mentre si trovava sul tetto con altri operai della Ibatici Group, la ditta appaltatrice di Fiorano Modenese, si è spaccata una lastra di policarbonato sulla quale aveva inavvertitamente appoggiato un piede ed è volato giù.

Su questa ennesima morte sul lavoro, interviene Rudi Zaniboni, segretario provinciale della Fillea-Cgil. «E’ sempre difficile conoscere i dettagli di un infortunio appena avvenuto. Ma i frammenti d’informazione che abbiamo ottenuto ci obbligano ad esprimere un nostro primo giudizio ed una nostra prima richiesta. Ancora una volta a morire sul lavoro è un giovane ragazzo che ci dicono essere stato al suo primo giorno di lavoro. Chiediamo agli organi ispettivi una rigorosa verifica sulle modalità di assunzione di questo ragazzo e sulla piena regolarità del suo rapporto di lavoro».

«Chiediamo un accertamento sulle competenze che questo ragazzo aveva maturato nello svolgimento dei lavori in altezza per la rimozione di lastre di amianto e sulle abilitazioni che aveva per svolgere queste mansioni. Chiediamo una verifica sulle informazioni che il ragazzo aveva ricevuto per svolgere in sicurezza quel lavoro in quel cantiere e sulla catena di controllo della sicurezza applicata dalla ditta per cui lavorava. Noi crediamo che almeno una delle risposte a queste domande possa spiegare il perché della morte di questo ragazzo. Al di là di quanto verrà appurato sulle modalità che questa impresa utilizza per accedere al mercato del lavoro, segnaliamo con forza che questi infortuni sono anche figli della precarietà, perché l'instabilità occupazionale e la variabilità della struttura del lavoro innalzano enormemente tutti i rischi nelle attività di cantiere. Questo rimane per noi un importante tema da sviluppare con il sistema delle imprese e con le committenze, assieme ai temi dell'aggiornamento formativo e del ruolo e della responsabilità della direzione lavori su tutte le attività svolte in cantiere. Sperando di conoscere nei prossimi giorni il perché di tutto questo – conclude il segretario della Fillea-Cgil reggiana – ci sentiamo vicini al dolore della famiglia».

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