LA GESTIONE DELLA SICUREZZA E LA VALUTAZIONE DEI RISCHI


Un sistema di gestione della salute e sicurezza è, come noto, un insieme di piani,azioni e procedure finalizzate a governare in maniera sistematica tutte le questioni relative alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, costituisce un elemento essenziale per ogni organizzazione. Basu e Wright (1997) considerano la gestione della salute e sicurezza uno dei sei elementi chiave per il successo di un’organizzazione alla stregua del marketing e dell’innovazione. La base del successo di un sistema di gestione della salute e sicurezza è il processo di valutazione del rischio20 (BSI, 2004) che può essere definito come una procedura sistematica per l’analisi dei componenti del lavoro finalizzata a definire e valutare i rischi e le caratteristiche di sicurezza.
Per ottimizzare la sicurezza lavorativa nelle imprese è essenziale seguire un metodo sistematico ed in ogni processo di valutazione dei rischi dovrebbero essere identificati alcuni passi chiave.
Nella maggior parte dei casi un approccio a cinque stadi è considerato adeguato, tuttavia, esistono modelli a più stadi che possono essere altrettanto
idonei, specialmente nel caso di rischi e circostanze particolarmente complesse.
I principali passi del processo di valutazione dei rischi sono:
• identificazione dei pericoli e identificazione del lavoratore/trice esposta al rischio;
• stima del rischio;
• definizione delle azioni preventive o di rimozione del rischio;
• messa in atto delle azioni;
• monitoraggio e revisione per processo strutturato.
Un approccio sistematico alla sicurezza sul lavoro è la chiave per ottimizzare la sicurezza lavorativa nelle imprese e se implementata correttamente la valutazione del rischio può migliorare significativamente la sicurezza e la salute sul lavoro oltre a migliorare la performance lavorativa in generale.
A partire dagli anni ’70 fino ad oggi sono stati sviluppati vari schemi per la valutazione ed il controllo dei rischi. Questi schemi essenzialmente consistono di una matrice che descrive la probabilità che si verifichi un evento e la severità associata ad esso.
Le matrici di rischio sono delle tabelle in cui la combinazione di certi parametri porta all’individuazione di un livello di rischio per ogni tipo di evento rischioso considerato.
La matrice di rischio standard è bidirezionale (BSI, 2004; Harms-Ringdahl, 2001;Rouhiainen & Gunnerhed, 2002), ma può avere anche più di due dimensioni (Görnemann,2007).
In aggiunta alle matrici di rischio possono essere utilizzati dei grafici di rischio (Aneziris, 2006; Brandsæter, 2002; ISO, 2007). In Europa, in accordo ad
uno standard ampiamente usato, BS 8800:2004, vengono identificati tre livelli di danno sulla salute (lieve, moderato e alto) e il numero delle categorie di rischio è pari a cinque (Molto basso; Basso; Medio; Alto; Molto alto);
inoltre, tre variabili di rischio vengono ottenute dalla valutazione della tollerabilità al rischio (etichettate come: rischio accettabile, tollerabile, inaccettabile).
Woodruff (2005) in Inghilterra ha proposto un altro tipo di modello di valutazione che si basa sulla seguente:
R = S × P. Dove R indica il rischio, S la severità del danno e P la probabilità dell’occorrenza del danno.
Inserendo dei valori di accettazione in tale equazione si ottengono due equazioni, una per il limite minimo ed una per il limite massimo di tollerabilità di un danno. Infine, viene creata una matrice di rischio in cui l’ordinata è costituita dalla probabilità dell’occorrenza del danno (P) e l’ascissa dalla severità del danno (S), e sono determinati tre livelli di rischio (accettabile, tollerabile, inaccettabile).
Recentemente sono stati sviluppati altri modelli per la quantificazione dei rischi occupazionali che si basano sul concetto di diagrammi a blocchi funzionali
(Aneziris et al., 2006; De Vries & Stein, 2008; Papazoglou, 1998; Papazoglou & Ale, 2007).
Questi modelli incorporano i vantaggi degli alberi di eventi nei quali possono trovare posto eventi a multistadi e il calcolo delle probabilità di accadimento tra eventi dipendenti.
Altri modelli sono: l’Workplace Exposure Assessment, sviluppato negli USA, che si basa su questionari e che consente di valutare l’esposizione ad agenti biologici, chimici e fisici e di classificare su tre livelli l’esposizione al rischio (basso, medio, alto); EAS (Booher et al., 2005) che combina l’informazione sull’esposizione al rischio (per agenti biologici, chimici e fisici) con informazioni riguardanti il rischio sulla salute.
Come anticipato, la prevenzione in tema di SSL necessita di un approccio sensibile alle specificità di genere. L’intento di fondo è quello di esaminare efficacemente i rischi e i problemi di salute meno visibili e che sono più comuni tra le lavoratrici e i lavoratori, in modo da porre in essere adeguati interventi preventivi.
Poiché esistono differenze di genere in tutta una serie di problematiche di più ampio contesto connesse alle situazioni lavorative, come i conflitti tra lavoro e sfera personale,la discriminazione e i livelli di coinvolgimento nei processi decisionali sul lavoro,la prevenzione dei rischi richiede un approccio di tipo olistico se si vuole che tutte le differenze di genere ritenute pertinenti siano prese in considerazione.
Tuttavia, per realizzare questo obiettivo occorrono orientamenti, interventi di sensibilizzazione e formazione finalizzati all’adozione di un simile approccio.
La valutazione dei rischi potrebbe essere rivista in una prospettiva sensibile al genere.
Infatti,sebbene la maggior parte della legislazione europea in materia di SSL sia neutrale rispetto al genere, sarebbe comunque possibile applicarla in forme sensibili al genere (EU-OSHA, 2003).
Come si è visto il processo di valutazione dei rischi si articola principalmente in cinque fasi (Individuazione dei rischi, Valutazione dei rischi, Definizione delle misure preventive, Implementazione delle soluzioni, Monitoraggio e revisione).
L’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro ha proposto dei suggerimenti per includere gli aspetti di genere nella valutazione dei rischi per ciascuna di queste fasi.
L’adozione di un approccio di tipo “neutro” rispetto al genere contribuisce al perdurare di lacune sul piano delle conoscenze e ad avere un livello di prevenzione meno efficace.
La valutazione dei rischi che tenga conto delle differenze di genere (sia in termini di variabili peculiari attribuibili ad un genere che in termini di posizioni relative di donne e uomini rispetto ad un determinato fattore) rispecchia le peculiari caratteristiche (biologiche, sociali e culturali) maschili e femminili nella loro interazione con l’organizzazione e le caratteristiche dell’attività lavorativa: tali differenze sono sottolineate sia per i rischi già noti e censiti (chimici, biologici, fisici, ergonomici), che per i rischi di carattere organizzativo e psicosociale.
Ad oggi sono ancora presenti evidenti lacune in termini di letteratura medico-scientifica, tuttavia le attuali conoscenze permettono di attuare una adeguata analisi dei rischi in ambito lavorativo, in modo da garantire un significativo livello di protezione psico-fisica dei lavoratori e lavoratrici.
Per la prima volta, con l’emanazione del D.Lgs. 81/2008, si prevede esplicitamente di mettere in relazione la valutazione dei rischi con le specificità delle lavoratrici e dei lavoratori, tenendo conto delle variabili relative alle peculiarità individuali della popolazione lavorativa.
In un processo aziendale di perseguimento degli obiettivi di Salute e Sicurezza sul Lavoro per tutti i lavoratori e lavoratrici, il processo fondamentale da prendere in considerazione è costituito dalla valutazione dei rischi e dalla redazione del DVR.
Tutte le attività svolte in una struttura e quelle che un’azienda può svolgere esternamente,le attività svolte da terzi in ambito aziendale che possono interferire con le proprie attività, nonché gli aspetti organizzativi ed operativi che possono influire significativamente sulla sicurezza in ottica di genere sono analizzate per individuare i pericoli presenti.
Esistono molti strumenti e metodologie per la valutazione dei rischi che possono aiutare le aziende e le organizzazioni a valutare i rischi presenti sul lavoro.
La scelta del metodo dipenderà dalle condizioni del luogo di lavoro, come il numero di lavoratori,il tipo di attività (ad es. attività ripetitive, incarichi occasionali o a elevato rischio) e le attrezzature utilizzate, le caratteristiche del luogo di lavoro (sede fissa o transitoria) e gli eventuali rischi specifici.
In altri termini non esiste un modo univoco di effettuare una valutazione dei rischi: a seconda delle circostanze, possono rivelarsi efficaci, approcci diversi.
Sicuramente la piena attenzione verso il genere e la conseguente integrazione in un più ampio approccio metodologico alla Valutazione dei Rischi, passa attraverso l’esplicitazione di tali istanze nella Politica Aziendale. Essa deve far comprendere i principi cui s’ispira ogni azione aziendale, deve essere finalizzata alla salute e sicurezza e al benessere di tutti i partecipanti alla vita aziendale e ad essa tutti devono attenersi in rapporto al proprio ruolo ed alle proprie responsabilità.
Occorre, comunque, sottolineare come già il legislatore mostri la strada ai soggetti responsabili in ambito di SSL attraverso il D.Lgs. n.81/2008 e s.m.i.: dal testo emergono con chiarezza alcuni principali indicatori di tale scelta di fondo, come l’introduzione dell’obbligo di individuazione delle procedure e l’inserimento di queste nel documento di valutazione dei rischi, la precisione nel definire il ruolo del dirigente e del preposto e l’inserimento nel DVR stesso dell’organigramma aziendale in tema di sicurezza.
Il cardine centrale è sicuramente rappresentato dall’introduzione della “specificità e soggettività” dei lavoratori, nel nuovo modello di valutazione del rischio.
In definitiva il vero quid che distingue un metodo tradizionale di fare la sicurezza i azienda da un approccio realmente appropriato dal punto di vista metodologico, è costituito dall’abbandono di un modello di valutazione dei rischi generalista e generico, quand’anche orientato all’ottica di genere, in favore di una valutazione personalizzata,ritagliata per ogni gruppo omogeneo di lavoratori (pur tenendo conto delsesso di appartenenza), fino al singolo lavoratore/lavoratrice in caso di unicità dell’esposizione ad un particolare fattore di rischio.
È con questo obiettivo che è stato elaborato un nuovo modello di valutazione dei rischi che, partendo dalla letteratura e dall’esperienza consolidata in ambito nazionale,in particolare seguendo lo standard OHSAS 18001 e le Linee guida sui sistemi di gestione della sicurezza a cura di UNI-INAIL-ISPESL-Parti sociali, 2001, ed europeo con le OSHAS 18001, sia in grado di restituire una fotografia reale di ogni comparto produttivo considerato.
La prevenzione, la riprogettazione dei luoghi di lavoro, gli interventi di rimozione dei fattori di rischio, devono essere improntati alla capacità di intervenire con provvedimenti differenziati secondo le peculiarità uomo/donna con l’obiettivo di migliorare le condizioni dell’organizzazione, dei luoghi e delle postazioni di lavoro.
Nella stessa ottica di specificità degli interventi, anche le modalità di definizione di regole, procedure, norme di comportamento devono seguire regole di peculiarità,essere mirate a specifici obiettivi e formulate secondo criteri di priorità. In sintesi la sicurezza sui luoghi di lavoro non si raggiunge prevedendo e prescrivendo tutte le conosciute forme di tutela e protezione, ma solamente quelle utili per ogni specifica mansione/attività, a seguito di un’attenta analisi dei rischi che considera le possibili specificità legate al genere.
Inoltre è allo studio l’implementazione di Schede di Rischio elaborate in ottica di genere per i rischi chimico, fisico, biologico, da sovraccarico biomeccanico, psicosociale e stress lavoro-correlato; le schede conterranno indicazioni per una valutazione che tenga conto delle eventuali differenze nella interazione con il rischio in base al genere (assorbimento, metabolismo, escrezione, fattori ormonali/costituzionali, impegni extralavorativi, interfaccia casa-lavoro, orari di lavoro, tipologia di contratto, ecc.).
In esse saranno riportati suggerimenti per un approccio alla prevenzione sensibile alle specificità di genere, sia in relazione alla riduzione/rimozione del rischio, che alla scelta dei Dispositivi di Prevenzione Individuali; nelle schede saranno infine presenti delle raccomandazioni per il coinvolgimento di tutti i lavoratori e di coloro che svolgono una funzione attiva nel sistema di sicurezza aziendale, nella individuazione delle azioni preventive e nella formazione/informazione.
Le Schede di Rischio verranno sperimentate in specifici settori produttivi o servizi,via via individuati, in modo da coprire progressivamente un campo sempre più esteso.
Ciò al fine di fornire alle aziende uno strumento di lavoro snello ma al tempo stesso utile, sia all’acquisizione di una consapevolezza delle specificità di genere sia all’effettuazione di una valutazione dei rischi che ne tenga conto.

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