Modelli comunicativi


Dal punto di vista scientifico e psicologico sono stati elaborati numerosi modelli comunicativi, da quelli che mettono in risalto la necessità della risposta da parte del ricevente, ovvero del feedback, a quelli che sottolineano l’importanza del vissuto e dell’esperienza riguardanti ciascun interlocutore, a quelli relativi alla dimensione dei contesti, vale a dire alla “pressione ambientale”, che facendo da contorno e fungendo da “involucro” dell’atto comunicativo, può introdurre caratteristiche perturbanti o divagatorie rispetto al raggiungimento di un obiettivo comunicativo diretto e preciso.
Molti studiosi inoltre pongono l’accento su fattori non verbali, e che quindi non riguardano il “parlato”, la semplice comunicazione “orale”, quali la postura, i gesti, la mimica che possono dare un senso diverso e delle sfumature inattese ai significati e ai concetti espressi verbalmente.
Indipendentemente dalle varie problematiche che riguardano il processo comunicativo, una posizione che accomuna tutti i modelli è quella di perseguire un punto di “equilibrio”, un momento cioè in cui ci sia un’effettiva parità fra mittente e ricevente, senza far apparire aspetti didascalici e di “bullismo comunicativo”, a livello di autorità e superiorità, ma far si che il rapporto tra emanatore dell’informazione e ricevente sia posto in termini di simmetria e semplicità, evidenziando, sulle tematiche esposte, elementi quali l’importanza, l’attenzione, il coinvolgimento, la consapevolezza, la conoscenza, la competenza e la capacità di agire, cioè tutti aspetti che in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro trovano poi applicazione in quelle che sono le attitudini e i comportamenti del lavoratore, alla luce del fatto che un lavoratore attento e appositamente informato e formato, costituisce una ulteriore garanzia per la salvaguardia della propria ed altrui incolumità.

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