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In qualsiasi contesto formativo, non si può prescindere dall’inquadrare il target di riferimento.

Questo deve essere il più possibile omogeneo soprattutto da un punto di vista culturale cioè delle competenze e delle conoscenze attinenti un ambito tematico-argomentativo specifico.

Per cui la definizione “lavoratori” rientra in una macro-area troppo astratta perché si possa offrire loro un percorso formativo adeguato se non vengono preventivamente suddivisi in settori di appartenenza professionale in concomitanza del loro ambito di rischio in funzione del comparto di attività.

Esattamente come pianificato dall’Accordo Stato-Regioni che prevede una correlazione tra durata minima di erogazione e apprendimento per ciascuna categoria di rischio: bassa, medio e alta in 4, 8 e 12 ore, (individuazione delle macrocategorie di rischio e corrispondenze ATECO 2002-2007).

Discorso a sé stante riguarda il cambiamento di mansione, addestramento e specificità peculiari di attività. Sono casi che necessitano di corsi formativi separati e non possono essere cumulabili con ciò che è definito sia corso base che aggiornamento.

L’aggiornamento previsto per tutte le figure professionali ha scadenza quinquennale e deve essere, così come è esposto dall’Accordo Stato-Regioni e così come vuole la buona prassi formativa, impostato non come una mera rielaborazione e riproposizione di tematiche e argomenti già esposti durante l’erogazione dei corsi base, ma come evoluzione, approfondimenti e innovazione significativa in modo che realmente apporti un valore aggiunto alla conoscenza base.

 

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