Dopo aver
fatto un’analisi dell’evoluzione delle norme regolative della tutela della
salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, delle caratteristiche del
sistema di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro applicato in
Italia e aver parlato del principio della Massima Sicurezza Tecnologicamente
Possibile, il contributo di Natullo si sofferma in particolare sulla ripartizione e
individuazione dell’obbligo di sicurezza (inteso come vincolo giuridicamente
previsto nell’ambito di un ordinamento o di una normativa).
obblighi per datore di lavoro, dirigente e preposto
L’esame sull’individuazione dei soggetti su cui ricadono in
azienda gli obblighi di prevenzione segue due chiavi di lettura:
- si valutano caratteristiche e differenziazioni sia
“rispetto alla ‘prima fase’ dell’evoluzione storica del nostro ‘diritto della
prevenzione’ sia rispetto alla disciplina europea”;
- si cerca di capire “se l’evoluzione del quadro normativo,
soprattutto dopo la riforma del 2008, ha apportato effettive novità in termini
di corretto contemperamento tra le opposte giuste esigenze di individuazione ed
accertamento delle responsabilità di attuazione degli obblighi di prevenzione
ed al contempo garanzia anche di ragionevole certezza, per gli stessi soggetti,
di assolvimento di tali obblighi, con altrettanto ragionevole esclusione di
forme di responsabilità ‘oggettiva’, sempre e comunque a carico di uno o più
tra i vertici aziendali, in caso di avvenuta lesione della salute dei
lavoratori”.
Riguardo all’aspetto
evolutivo il saggio riprende il senso di una prima importante razionalizzazione
avuta con ild.lgs. n. 626/1994 (ed il suo correttivo del 1996, d.lgs. n. 242),
pur “riprendendo nozioni ed assetti risalenti alla legislazione tecnica degli
anni ’50, per un verso, e ad una consolidata elaborazione della
giurisprudenza”.
Ad esempio con riferimento al “conservare” la “tradizionale
‘trinità’ dei soggetti titolari delle posizioni di garanzia
(obblighi/responsabilità) in materia di prevenzione: datore di lavoro,
dirigente, preposto. O nel formalizzare la nozione di datore di lavoro e nel
dare riconoscimento legislativo, anche se in maniera indiretta, all’istituto
della “ delega di funzioni”.
Il Testo Unico del
2008 si inserisce nel percorso e compie un altro pezzo di strada alla “luce del
criterio che, sulla scorta di autorevole dottrina penalistica, può definirsi
come ‘formale-funzionale’, nel momento in cui cerca una sintesi tra il dato formale
definitorio e quello sostanziale (funzionale) dell’effettiva attribuzione e
sussistenza, nel soggetto, dei poteri e delle facoltà proprie della posizione
formale”.
Viene in primo luogo “completato il quadro delle
‘definizioni’ delle figure soggettive”; si opera uno sforzo ulteriore nella
distinzione del ruolo, e degli obblighi, di ciascun soggetto (ed in particolare
della delicata figura del preposto); viene definitivamente conferita dignità
legislativa alla delega di funzioni; e si legifica, rafforzandolo, lo stesso
criterio di “effettività” (“il soggetto che ha – come dire – sostanzialmente la
posizione di datore di lavoro, dirigente o preposto in quanto ne ha i poteri,
gestionali, di spesa, organizzativi, sarà il titolare di fatto degli obblighi e
delle responsabilità previsti dalla legge”).
Veniamo alle tre
figure di datore di lavoro, dirigente e preposto.
Per quanto riguarda
il datore di lavoro “il legislatore perfeziona il criterio definitorio
funzionale (effettività) quale criterio allo stesso tempo sussidiario e
concorrente rispetto a quello formale – civilistico: per le aziende private,
infatti, fermo restando il parametro formale della titolarità del rapporto di
lavoro con il lavoratore, l’elemento della effettività di funzioni e poteri diviene
ancora più sostanziale, attraverso il riferimento, per un verso, alla
responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva e, per altro
verso, all’esercizio dei poteri decisionali e di spesa; elementi tutti che sono
essenziali e comunque prevalenti rispetto al dato formale (della titolarità del
rapporto di lavoro), ai fini della individuazione del primo e principale
responsabile degli obblighi di sicurezza in azienda”. Riguardo alla difficile
individuazione del datore di lavoro nel settore delle amministrazioni pubbliche
“il legislatore del 2008 ha compiuto un ulteriore sforzo definitorio, che
peraltro, se da un lato fa ulteriore chiarezza, dall’altro lato solleva nuove
perplessità interpretative”.
Del tutto nuove sono invece le definizioni di dirigente e
preposto, introdotte per la prima nel 2008. Benché eccessivamente generica la
definizione relativa al dirigente “sembra confermare che la ‘qualità’ di
dirigenti ‘in prevenzione’ è ‘secondaria’ e non ‘primaria’: come per il datore
di lavoro, essa consegue cioè alla sua posizione organizzativa generale in
azienda (funzioni e poteri) e non a quella specifica riferita agli obblighi di
prevenzione; questi ultimi discendono dunque dai primi, e sono, per così dire,
proporzionati ad essi”
Infine, i preposti. La figura del preposto “viene nettamente
distinta da quella dei datori di lavoro e dei dirigenti, dai quali lo
differenzia il limite di un ruolo tradizionalmente (solo) di vigilanza e
controllo sulla corretta applicazione, da parte dei lavoratori, delle misure di
prevenzione dai primi (datori e dirigenti) elaborate e realizzate, essendo
colui che, ‘in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e
funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla
attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute,
controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un
funzionale potere di iniziativa”. Il preposto è dunque una figura intermedia
tra il dirigente ed i lavoratori, “con compiti di prevenzione limitati alla
vigilanza sul corretto (non pericoloso) svolgimento delle mansioni di
competenza dei lavoratori stessi, e sulla corretta adozione delle misure di
prevenzione previste e predisposte dal datore di lavoro e dal dirigente”.
E tra l’altro si evidenzia l’attenzione dedicata dal
legislatore alla formazione dei preposti, con l’introduzione di uno specifico
obbligo di frequentare appositi corsi. Un onere per le aziende, che però “può
avere significativa rilevanza ai fini di distinguere più nettamente la figura
del preposto dagli altri lavoratori dell’azienda, e dunque, indirettamente,
anche ad indurre quest’ultima (nella persona del datore e del dirigente) ad
individuare correttamente tali figure nell’organigramma aziendale”. Evitando in
questo modo il “rischio del cosiddetto ‘preposto di fatto’: ossia di chi, senza
la debita consapevolezza, venga a trovarsi, per l’appunto ‘di fatto’, in quella
posizione di garanzia nei confronti di altri lavoratori, e come tale ad essere
destinatario di obblighi e responsabilità ‘in prevenzione’”.
Una grande importanza assume poi, proprio ai fini
dell’individuazione dei soggetti responsabili e della ripartizione degli
obblighi di prevenzione, la “delega di funzioni” (artt. 16 e 17 del d.lgs. n.
81/2008).
Anche in questo caso
il legislatore non realizza nulla di particolarmente innovativo ma vanno
“segnalati alcuni aspetti particolarmente significativi:
a) la previsione della necessità, oltre ai ‘tradizionali’
requisiti di legittimità ed efficacia della delega – ora espressamente
individuati nell’art. 16– di una adeguata e tempestiva pubblicità della stessa;
b) l’esplicito raccordo funzionale della delega con la
accresciuta rilevanza dei modelli organizzativo – gestionali aziendali ‘di
prevenzione’; tant’è che la stessa norma affida al modello organizzativo, e per
la precisione ai sistemi di monitoraggio e controllo ad esso interni,
l’efficace attuazione dell’obbligo di vigilanza che comunque residua, ai sensi
dell’art. 16, comma 3, in capo al datore di lavoro delegante;
c) la c.d. ‘subdelega’, ossia la possibilità che il soggetto
delegato (dal datore di lavoro), a determinate condizioni, a sua volta
trasferisca ad altri la propria posizione di garanzia”.
Rimane ferma la indelegabilità “degli obblighi del datore di
lavoro più generali, di impianto ed impostazione del sistema di prevenzione in
azienda (designazione del responsabile del Servizio di prevenzione e
prevenzione, valutazione dei rischi e conseguente elaborazione del relativo
documento aziendale)”.
Arrivando tuttavia alla seconda chiave di lettura, il saggio
conclude “che gli ulteriori sforzi definitori compiuti dal legislatore del 2008
(con le modifiche del 2009) – ancor più se letti in combinato disposto con
l’accresciuta rilevanza dei fattori procedurali ed organizzativi, che
dovrebbero consentire di trasporre concretamente in dettaglio tutta
l’articolazione del “funzionigramma” aziendale – possono contribuire certamente
al difficile contemperamento cui si faceva cenno, non facendo venir meno
l’esigenza di correlare obblighi e responsabilità, anche penali, a posizioni
individuali specifiche; ma anche lasciando sufficienti margini a chi ritiene di
avere (ed effettivamente ha, ed eventualmente solo in parte) ‘determinati’
obblighi e responsabilità, di poter essere ragionevolmente certo di quali essi
siano e di averli adempiuti, e dunque di poter essere ragionevolmente esente da
rischi di imputazione di eventuali responsabilità, per così dire, ‘in ogni caso
e comunque’ nel momento in cui malauguratamente si determini un evento
patologico a danno della salute di persone negli ambienti di lavoro aziendali”.
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