Formazione dei preposti

Con l’interpello n. 16 del 29 dicembre 2015, la Commissione per gli interpelli in materia di salute e sicurezza del Ministero del Lavoro risponde all’ A.N.C.E (Associazione Nazionale Costruttori Edili) ritenendo che il preposto addetto al controllo nelle fasi di montaggio e smontaggio dei ponteggi deve partecipare, oltre ai corsi di formazione o aggiornamento disciplinati dall’Allegato XXI del D. Lgs. n. 81/2008 ai sensi dell’art. 136 comma 6 dello stesso decreto anche al corso di formazione previsto dall’art. 37 comma 7, del D. Lgs. n. 81/2008 relativamente alla formazione dei preposto.



prepostoIn tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in virtù del principio di effettività anche il preposto di fatto assume una posizione di garanzia soggetta alla contenstazione di possibili responsabilità penali . Richiamandosi ai precendenti giurisprudenziali in materia e, in particolare alla sentenza sul caso Thyssenkrupp, la Corte di Cassazione ha affermato che l'assunzione, in via di fatto, della qualità di datore di lavoro, di dirigente o - come nella specie - di preposto determina, in virtù del principio di effettività, l'acquisizione della corrispondente posizione di garanzia che dunque può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante.
Con la sentenza Cass. Pen., Sez. IV, 26 febbraio 2016, n. 7921, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla questione della individuazione di una responsabilità penale a carico di chi, pur non rivestendo una precisa qualifica formale, svolga di fatto funzioni che ne determinino l’assunzione di una posizione di garanzia a tutela del lavoratore.
La Cassazione, richiamandosi ad alcuni importanti arresti giurisprudenziali, tra cui quello espresso nell’ormai nota sentenza sul caso Thyssenkrupp, ha ribadito che anche colui che riveste il ruolo di preposto “di fatto” può essere chiamato a rispondere penalmente del verificarsi di un infortunio.

La vicenda processuale e la decisione di merito

La vicenda processuale segue alla condanna pronunciata nei confronti di un capocantiere “di fatto” per la morte di un operaio.
Oggetto del processo é un infortunio sul lavoro occorso durante l'esecuzione di lavori di costruzione di un complesso edilizio di civile abitazione, infortunio del quale rimaneva vittima il lavoratore C.A.I.: questi, mentre era impegnato nell'intonacatura delle pareti e dei soffitti dei pianerottoli, precipitava al suolo cadendo all'Interno del vano ascensore (privo, secondo l'imputazione, di opere di difesa idonee ad evitare il pericolo di caduta dall'alto dei lavoratori) da un'altezza di dodici metri, riportando lesioni che ne cagionavano il decesso.
In particolare, il delitto di omicidio colposo, aggravato dalla violazione di norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro, era contestato a M.C. nella sua qualità di coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, per omesso controllo dell'attuazione, da parte delle imprese esecutrici, delle previsioni contenute nel POS; per omessa verifica dell'idoneità dello stesso POS; per omessa organizzazione, con l'ATI incaricata di eseguire i lavori, della cooperazione delle attività di prevenzione e della relativa informazione.
Il reato, per quanto qui di interesse, era inoltre contestato a M.M. come capo cantiere di fatto della E. (società appaltante dei lavori), per non avere egli allestito adeguate opere di difesa dell'apertura del vano ascensore nel quale cadde la vittima.

Le motivazioni del ricorso in Cassazione

Contro la sentenza proponeva ricorso per cassazione il capo cantiere “di fatto”, in particolare per non aver considerato la sentenza che esisteva un capo cantiere di diritto, ossia il coimputato M.A.: deduceva l’imputato che, al momento dell'evento, egli non era neppure presente sul posto, mentre era presente il capo cantiere “di diritto”.
Ciò a fronte del fatto che sia il Tribunale sia la Corte d'appello avevano riconosciuto che l'M.A. non era capo cantiere solo in termini "nominali", ma svolgeva funzioni interscambiabili con quelle del M.M..
Quest'ultimo non fu però delegato, né assunse per facta concludentia, la posizione di garanzia assegnata formalmente all'M.A., e quindi non si verificò alcuna successione in tale posizione di garanzia.
Di tutto quanto precede, alcuna motivazione ha fornito la Corte d’appello.

La decisione della Cassazione

La Cassazione, nell’affermare il principio di cui in massima, ha respinto il ricorso dell’imputato, in particolare osservando come, nel caso di specie, era risultato pacifico che M.M. rivestiva la qualità di capo cantiere di fatto, egli aveva assunto per ciò stesso la corrispondente posizione di garanzia, con i correlati obblighi prevenzionistici, al pari del titolare formale dell'incarico (ossia M.A.).
Né rileva, per la Cassazione, che non vi fosse stata delega formale di detta posizione, atteso che vi era reciproca consapevolezza di M.A. e di M.M. della qualità da ciascuno ricoperta e della sostanziale (e peraltro non contestata) intercambiabilità delle rispettive mansioni di capo cantiere.
La sentenza impugnata aveva poi dato debitamente conto del fatto che M.M., oltre ad essere solitamente presente in cantiere (e indipendentemente dal fatto che lo fosse al momento dell'infortunio), era comunque sicuramente reso edotto del fatto che si sarebbe proceduto all'intonacatura delle scale, ed anzi fu proprio lui a ordinare che si procedesse con tale operazione.
In definitiva M.M., oltre ad essere capo cantiere di fatto, era pienamente nelle relative funzioni ed aveva assunto le corrispondenti responsabilità, anche con riferimento ai lavori di intonacatura affidati alla vittima C.A.I.; e non vi fu comunque un problema di successione tra la posizione di garanzia del titolare formale dell'incarico di capo cantiere, M.A., e quella comunque assunta dal M.M. in relazione alle medesime funzioni: su entrambi, in definitiva, gravava l'obbligo di impedire l'evento, nella specie disatteso; con l'ulteriore specificazione, quanto al M.M., che egli viene indicato come colui il quale diede disposizione di procedere ai lavori di intonacatura del vano scale, in occasione dei quali il C.A.I. cadde all'Interno del vano ascensore, perdendo la vita.

Le conseguenze sul piano pratico - operativo

Per quanto concerne i risvolti sul piano applicativo, va qui ricordato che non è la prima volta che la Cassazione si occupa del tema della responsabilità del garante “di fatto”.
Va ricordato che, per pacifica giurisprudenza, l'assunzione, in via di fatto, della qualità di datore di lavoro, di dirigente o - come nella specie - di preposto determina, in virtù del principio di effettività, l'acquisizione della corrispondente posizione di garanzia in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro (v., tra le tante: Cass. pen., Sez. 4, Ssntenza n. 22246 del 28/02/2014, C., in CED Cass., n. 259224).
Sul punto, non può poi trascurarsi che recenti e importanti arresti della giurisprudenza di legittimità anche in composizione apicale (per tutte vds. Cass. pen., Sez. U., 24 aprile 2014, ThyssenKrupp, in CED Cass., n. 261107; ed ancora Cass. pen., Sez. 4, n. 2536 del 23/10/2015, dep. 2016, B. e altri) hanno ribadito che la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante, aggiungendo anzi che é spesso di particolare importanza porre attenzione alla concreta organizzazione della gestione del rischio: indicazione che oggi si desume testualmente dall'art. 299 del T.U. sulla sicurezza del lavoro, ma che costituisce importante principio dell'ordinamento penale (sul punto vds. anche la più risalente Cass. pen., Sez. 4, 22/05/2007, C., in CED Cass., n. 236852).
Tanto premesso, é parimenti ius receptum che, in tema di omicidio colposo da infortuni sul lavoro, se più sono i titolari della posizione di garanzia (nella specie, relativamente al rispetto della normativa antinfortunistica sui luoghi di lavoro), ciascuno é, per intero, destinatario dell'obbligo giuridico di impedire l'evento, con la conseguenza che, se é possibile che determinati interventi siano eseguiti da uno dei garanti, é, però, doveroso per l'altro o per gli altri garanti, dai quali ci si aspetta la stessa condotta, accertarsi che il primo sia effettivamente intervenuto, anche quando le posizioni di garanzia siano sullo stesso piano (Cass. pen., Sez. 4, sentenza n. 38810 del 19/04/2005, D.D., in CED Cass., n. 232415; Cass. pen., Sez. 4, sentenza n. 45369 del 25/11/2010, O. e altro, in CED Cass., n. 249072).

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