Sale dal 20 al 40% la rendita per i figli naturali di chi è morto sul lavoro

Una sentenza della Corte Costituzionale riconosce la disparità di trattamento rispetto alla prole nata da una coppia regolarmente sposata. Ma esclude che al convivente "more uxorio" possa spettare lo stesso beneficio percepito dal coniuge

Il figlio naturale di un lavoratore morto in un incidente sul lavoro d'ora innanzi ha diritto non più al 20% ma al 40% della rendita INAIL, per l'evidente disparità con i figli legittimi, nati da una coppia regolarmente sposata, i quali possono godere del "plus" di assistenza che spetta al genitore superstite nella misura del 50% della rendita. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità parziale dell'art.85 (primo comma, numero due) del Testo unico del 1965 relativo alle norme sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

La Corte, nella sentenza n. 86 scritta dal giudice Alfio Finocchiaro, ha accolto solo in parte le questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Milano che, in sede civile, era chiamato a decidere su una controversia tra l'INAIL e una donna il cui convivente era morto in un incidente sul lavoro. La Consulta ha escluso - come invece richiesto dal Tribunale - che il convivente "more uxorio" abbia diritto alla stessa rendita percepita dal coniuge del lavoratore deceduto (vale a dire il 50% della retribuzione), ma al contempo ha ampliato i diritti dei figli naturali, altrimenti discriminati rispetto a quelli legittimi.

Nella sentenza la Corte ricorda di aver "ripetutamente posto in evidenza la diversità tra famiglia di fatto e famiglia fondata sul matrimonio, in ragione dei caratteri di stabilità, certezza, reciprocità e corrispettività dei diritti e doveri che nascono soltanto da tale vincolo, individuando le ragioni costituzionali che giustificano un differente trattamento normativo tra i due casi nella circostanza che il rapporto coniugale trova tutela diretta nell'art. 29 della Costituzione". Ecco perché, in materia pensionistica, i giudici costituzionali ribadiscono un principio già sancito nel 2000 secondo cui "la mancata inclusione del convivente "more uxorio" tra i soggetti beneficiari del trattamento pensionistico di reversibilità trova una sua non irragionevole giustificazione nella circostanza che il suddetto trattamento si collega geneticamente ad un preesistente rapporto giuridico che, nel caso considerato, manca".

Ciò premesso, i giudici costituzionali hanno accolto la richiesta del Tribunale di Milano che quantomeno al figlio naturale venga concessa una rendita del 40% (anziché del 20%) fino al compimento dei diciotto anni, pari a quella cui hanno diritto gli orfani di entrambi i genitori. La Consulta in questo caso ha riconosciuto una "discriminazione tra figli naturali e figli legittimi" che si pone in contrasto con gli articoli 3 e 30 della Costituzione. "Infatti mentre la morte del coniuge per infortunio comporta, in presenza di figli legittimi, l'attribuzione della rendita al superstite nella misura del 50% e a ciascuno dei figli nella misura del 20%", spiega la Corte, "la morte per infortunio di colui che non è coniugato e ha figli naturali riconosciuti non comporta l'attribuzione al genitore superstite di alcuna rendita per infortunio, mentre i figli hanno diritto solo al 20% di detta rendita".

Fonte Inail

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