Guerra allo stress da lavoro

Guerra allo stress da lavoro. Dal primo gennaio scatta l'obbligo per le aziende e gli uffici di valutare non solo i fattori di rischio tradizionali legati, per esempio, all'uso di sostanze pericolose o a particolari macchinari, ma anche l'orario, i turni, la ripetitività delle azioni quotidiane, i carichi, i ritmi di lavoro, l'incertezza delle prestazioni richieste. E ancora: i percorsi di carriera e persino le lamentele del personale o i rapporti conflittuali tra i colleghi. La qualità riguarda i prodotti, i processi di produzione: ora pure la vita negli uffici e nelle fabbriche. Perché nei luoghi di lavoro le persone passano buona parte della loro giornata. Lì costruiscono i propri progetti e ambizioni professionali. Il lavoro non è solo il mezzo per sostenersi. Il lavoro è fonte di realizzazione e dunque anche di stress. Lo sappiamo tutti dai ''Tempi moderni'' di Charlie Chaplin.

I più stressati? Di certo gli infermieri, gli addetti ai call center o agli uffici reclami, gli autotrasportatori. E, a sorpresa, anche molti lavoratori del pubblico impiego, dove il blocco delle assunzioni aumenta i carichi di lavoro e il ricorso allo straordinario. Talvolta senza gratificazioni. Quindi anche nuove figure professionali che si aggiungono ai 'vecchi' operai della fabbrica. Nel 2004 il cosiddetto 'stress da lavoro correlato' è stato tradotto in un accordo a livello europeo recepito quattro anni dopo in Italia dalle parti sociali. Viene definito così: ''Condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o aspettative riposte in loro''.

Molte le cause che possono produrlo: una ripartizione dei compiti non corretta (troppi straordinari richiesti sempre alla stessa persona), una sensazione di frustrazione perché si ritiene non essere adeguatamente utilizzati, la pesantezza dell'orario di lavoro notturno, la frequenza di incidenti (per esempio nelle aziende petrolchimiche o nel settore edile le cadute dall'alto). Vari i sintomi, che cambiamo a seconda del soggetto. Lo spiega Patrizia Deitinger, psicologa dell'Ispesl (l'istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro, ora confluito nell'Inail): aumento della frequenza cardiaca, sudorazione, irritabilità, riduzione della salivazione, tensione muscolare, difficoltà a concentrarsi.
''E' un fenomeno allarmante perché sottostimato e in continua crescita'', osserva la psicologa sottolineando come un superlavoro due giorni si può sostenere, ma non si regge se protratto nel tempo. Lo stress lavoro-correlato colpisce il 22% dei lavoratori in Europa. Con un costo di oltre 20 miliardi di euro l'anno. Dagli studi condotti emerge che una percentuale compresa tra il 50 %e il 60% di tutte le giornate lavorative perse è riconducibile allo stress. Tra i settori più a rischio, dunque, l'area sanitaria, i trasporti o ancora le professioni a continuo contatto col pubblico. Secondo Deitinger, ci si è sempre preoccupati della tutela dei lavoratori e questo è sì lodevole, ma sono stati sottovalutati i vantaggi per l'azienda in termini di meno assenteismo e di maggiore produttività. ''Perché se un lavoratore si sente bistrattato o non partecipe - osserva - è chiaro che renderà meno".

Obiettivo della valutazione è l' eliminazione o perlomeno la riduzione al minimo dei fattori di rischio. Nei giorni scorsi - in base alle previsioni del Testo unico sulla salute e sicurezza del lavoro - è stata diramata la circolare del ministero guidato da Maurizio Sacconi, che recepisce le indicazioni della commissione consultiva istituita presso lo stesso dicastero. Linee guida considerate però insufficienti dalla Deitinger, critica per la mancanza nella valutazione del coinvolgimento dei lavoratori. La valutazione sarà effettuata su gruppi di lavoratori esposti ai rischi dello stress allo stesso modo (per esempio i turnisti oppure i dipendenti di un settore). Non quindi sul singolo il quale potrebbe avere una percezione troppo personale delle condizioni di lavoro. E sarà in due step: una necessaria, quella preliminare, nel corso della quale saranno rilevati indicatori oggettivi e verificabili; l'altra eventuale se la prima riveli elementi di rischio da stress lavoro-correlato e le correzioni risultino inefficaci. Sarà effettuata, come per tutti gli altri fattori di rischio, dal datore di lavoro avvalendosi del Responsabile del servizio di prevenzione e protezione con il coinvolgimento del medico competente se nominato e con la consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.  L'obbligo per i datori di lavoro scatta quindi dal prossimo anno dopo un lunga incubazione. ''Siamo piuttosto in ritardo - commenta il segretario confederale della Uil, Paolo Carcassi - per questo era importante partire. Poi ci potranno essere elementi di affinamento. Noi - dice ancora il dirigente sindacale - puntavamo ad una fase di coinvolgimento e consultazione dei lavoratori''. Ma le aziende sono pronte? ''Quelle più grandi sì anzi alcune già lo fanno, - risponde - per quelle medio-piccole ci sarà qualche problema''. La Confartigianato già nei giorni scorsi ha diffuso una nota in cui parla di ''ennesima incombenza normativa di provenienza europea a carico delle aziende''. Stress, in questo caso, per i datori di lavoro. Stress da lavoro.

ansa.it

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