COMUNICARE LA SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO IN OTTICA DI GENERE


Nell’immaginario collettivo, informazione e comunicazione, rappresentano due termini i cui significati coincidono. In realtà, sebbene tra essi vi sia una stretta relazione,non si tratta di azioni della stessa natura.
L’informazione, come tra l’altro si evince all’art. 2 del decreto 81/2008, consiste nel “complesso di attività dirette a fornire conoscenze”; la comunicazione è, invece,quell’insieme di strategie, tecniche e processi messi in atto per ottenere un mutamento nei comportamenti. Si tratta di flussi comunicativi bi-direzionali che implicano,affinché l’azione sia efficace, il coinvolgimento e la partecipazione dei destinatari.
Ciò significa che mentre l’informazione rappresenta un processo lineare e unidirezionale, mirato a fornire notizie, dati, informazioni, implementando le nozioni di conoscenza sul destinatario, la comunicazione è un processo interattivo a più livelli,che interviene in modo trasversale sui sistemi aziendali e coinvolge tutti i soggetti interessati (interni ed esterni).
Nello specifico, i processi comunicativi aiutano ad ottenere scelte consapevoli verso il rispetto di “nuove regole” e “buone prassi”, piuttosto che queste vengano accettate passivamente. Se nei luoghi di lavoro, la salute e la sicurezza rappresentano una condizione imprescindibile, per garantirla, tuttavia, non solo deve essere disciplinata,ma va saputa comunicare. Un semplice riferimento alle norme - seppur fondamentali rischia di restare inosservato e, quindi, circoscritto alla semplice indicazione.
Per questo motivo, informazione e comunicazione, sono attività che devono viaggiare in parallelo, sia per fornire conoscenze utili alla identificazione, riduzione e gestione dei rischi, e sia per ottenere un vero e proprio cambiamento culturale e di comportamento su quelle che sono le “buone prassi” finalizzate a promuovere la Salute, negli ambienti di lavoro.
Tra le misure generali di tutela riportate nel Testo Unico (art. 15), l’informazione e la comunicazione, insieme ai programmi di formazione, sono annoverati tra le attività finalizzate a garantire adeguate condizioni di Salute in azienda.
Come è stato già ampiamente evidenziato nei precedenti capitoli, il decreto ha esteso notevolmente il concetto di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, proponendo un approccio del tutto innovativo teso a “garantire l’uniformità della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, anche con riguardo alle differenze di genere, di età e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati (art. 1)”.
Se prima dell’entrata in vigore del succitato disposto normativo, il concetto di sicurezza era ridotto al carattere neutro, eccezione fatta per i casi di tutela a sostegno della maternità e paternità (decreto 151/2001), con il D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., si evidenzia la necessità di operare in termini di prevenzione e di sicurezza, tenendo in considerazione la dimensione psico-sociale dei lavoratori, il genere (uomini e donne),nonché l’età anagrafica e il Paese di provenienza.
Per la prima volta in maniera espressa, in linea con la strategia europea, si prevede di coniugare la valutazione dei rischi con le specificità dei lavoratori e delle lavoratrici,tenendo conto delle variabili intrinseche alla soggettività dell’intera popolazione lavorativa.
Questa visione estesa del concetto di Salute dovrà essere tenuta in considerazione nell’adozione delle misure di prevenzione e di valutazione dei rischi e, ampliamente diffusa attraverso mirati processi informativi, formativi e comunicativi. Solo con adeguate campagne di informazione e sensibilizzazione, promosse a tutti i livelli e rivolte agli attori della sicurezza (professionisti della sicurezza, datori di lavoro,imprenditori, lavoratori, formatori, organismi paritetici e parti sociali) e alla collettività,il nuovo concetto di salute potrà diventare parte integrante della cultura aziendale
e sociale.
Si tratta di una vero e proprio mutamento di paradigma che rovescia l’idea di una sicurezza “neutra” e dà un nuovo senso e valore al concetto di Salute, aumentando il grado di efficienza ed efficacia di un’azienda, rendendola sempre più competitiva e innovativa rispetto al mercato di riferimento.
Ragionare in termini di efficacia ed equità di genere del sistema salute e sicurezza sul lavoro, significa, quindi, valorizzare il capitale umano, sviluppare un forte senso di appartenenza del lavoratore e delle lavoratrici e accrescerne la motivazione.
La comunicazione stessa, dunque, esige un cambiamento, perché per promuovere l’innovato concetto di salute occorre adottare un nuovo linguaggio che valorizzi e promuova le differenze di genere, le molteplici condizioni psico-sociali dei lavoratori.
Serve, dunque, un nuovo approccio comunicativo attento alle differenze.
La comunicazione deve cambiare radicalmente per far fronte ad un mercato del lavoro in continua evoluzione. Si pensi alla nascita delle nuove forme di lavoro flessibile e giovanile, all’aumento della presenza delle donne nella realtà lavorativa e al fenomeno dell’immigrazione che ci costringe a far fronte a nuovi problemi, a nuovi rischi e, quindi, ci impone un’attenzione, una cura, una consapevolezza delle necessità dei soggetti più deboli.
Una comunicazione efficace che tenga conto di questo “mosaico” di differenze, è determinante, non solo per la riduzione degli eventi infortunistici o delle malattie professionali,ma interviene nell’intero sistema organizzativo/aziendale ottimizzando i processi produttivi e innalzando la soglia del valore aggiunto.
Si tratta di un approccio che richiede un’attenzione particolare alle soggettività e specificità dei lavoratori,ancora da consolidare, ma che traccia un indirizzo chiaro verso il passaggio da un concetto ristretto di sanità, e quindi da un metodo tipicamente circoscritto alla cura, ad un approccio di garanzia e tutela del benessere della Persona.
Nonostante si sta rafforzando la consapevolezza che comunicazione e informazione sono strumenti efficaci per la promozione di una cultura attenta alle differenze, nell’ambito delle imprese e istituzioni sono ancora pochi gli interventi che prendono in considerazione l’ottica di genere.
Una comunicazione istituzionale orientata a valorizzare le differenze è quanto di meglio le istituzioni/aziende possono e devono offrire per rispondere ai bisogni crescenti di informazioni aggiornate, puntuali e su misura, dei lavoratori e dei cittadini, parte attiva di tutto il sistema sociale.
“Comunicare le differenze” significa mettere in atto compiutamente questo processo culturale.
Il principio delle pari opportunità riconosciuto a livello costituzionale resta di fatto ancora poco applicato.
Nonostante negli ultimi anni si siano moltiplicate le iniziative a sostegno delle pari opportunità, sono ancora poche le campagne di sensibilizzazione e i progetti di comunicazione che adottano strumenti pensati per dialogare anche con le donne, in cui emerga una reale attenzione allo specifico femminile: una prassi particolarmente diffusa quando la comunicazione è “chiamata” a promuovere la Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro,
dove la figura maschile assume e riassume unilateralmente la valenza della Sicurezza e, quella femminile di regola sottorappresentata il target invisibile della comunicazione (se non per quei casi specifici in cui i processi comunicativi sono mirati a promuovere temi storicamente concepiti e collegati
al ruolo della donna, quali la maternità, i lavori domestici, cura della famiglia e sostegno agli anziani).
Il consolidarsi di una prassi comunicativa caratterizzata dall’equazione “Uomo = Sicurezza” è stata sicuramente influenzata dalla diffusione del concetto “neutro” di Salute e ha determinato, in senso figurativo, la persona Uomo, quale emblema per eccellenza della Sicurezza.
Si tratta di un processo, senza ritorno, dove la nozione di neutralità ha pervaso anche i messaggi comunicativi rafforzando,
inevitabilmente, tutti gli atti di significazione e interpretazione nell’immaginario collettivo.
Attivare processi comunicativi rivolti anche alle donne significa promuovere concretamente le pari opportunità come valore fondamentale per la realizzazione di nuovi modelli di vita e di lavoro. É da questo presupposto che bisogna partire affinché anche la comunicazione diventi leva strategica del cambiamento e dia un sostegno concreto alla diffusione del concetto di Salute attento alle differenze.
Ispirarsi a flussi informativi e comunicativi che superano il classico “modello trasmissivo”, per avvalersi del “modello inferenziale” fondato sulla cooperazione e partecipazione di tutti i soggetti interessati, uomini e donne, dove ciascuno ha l’opportunità di assumere il duplice ruolo di “produttore” e “consumatore” della comunicazione,ovvero il ruolo di prosumer, è la chiave di volta per comunicare la Salute e la Sicurezza attenta alle specificità e soggettività dell’intera popolazione lavorativa.
Il modello inferenziale pone al centro dell’attenzione la Persona e considera la comunicazione come un processo che si attiva a partire dal destinatario
La Direttiva Quadro Europea 89/39115, nonché la Strategia Comunitaria per la Salute e Sicurezza sul lavoro (2002-2006), ha indicato per il miglioramento delle condizione di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, l’attuazione di azioni tra cui rientrano a pieno titolo l’informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti (RLS).
Il modello inferenziale pone al centro dell’attenzione la Persona e considera la comunicazione come un processo che si attiva a partire dal destinatario La Direttiva Quadro Europea 89/39115, nonché la Strategia Comunitaria per la Salute e Sicurezza sul lavoro (2002-2006), ha indicato per il miglioramento delle condizione di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, l’attuazione di azioni tra cui rientrano a pieno titolo l’informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti (RLS).
Il modello trasmissivo, secondo il quale quando comunichiamo trasmettiamo un messaggio da un mittente a un destinatario attraverso un canale usando un codice condiviso, rappresenta il paradigma dominante delle varie connotazioni della comunicazione aziendale (ARTUSO, MASON, 2008).
15 Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, riguardante l’applicazione di provvedimenti volti a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro
Affinché il sistema di politica aziendale funzioni, è fondamentale da parte dei vertici dell’organizzazione, il riconoscimento del “potere dell’informazione” proveniente dal Rappresentante dei lavoratori e dai lavoratori, i quali, nel cooperare nell’analisi dei rischi connessi ai compiti e alle mansioni ricoperte, possono proporre misure di prevenzione adeguate alla situazione ambientale.
Solo attraverso questo tipo di approccio, aperto alle diverse “voci” provenienti dalla popolazione lavorativa, è possibile creare un sistema Salute attento alle differenze,alla specificità e soggettività dei singoli lavoratori.
L’implementazione di canali di comunicazione attinenti il modello inferenziale modulano il messaggio sulla base del target di riferimento al fine di costruire dialoghi permanenti ed efficaci. Solo in questo modo è possibile attivare un processo inclusivo e un dialogo costante con il mondo del lavoro, ovvero una politica attiva che promuova il diritto alla salute attento alle differenze.
Il modello trasmissivo della comunicazione, affermatosi all’inizio degli anni cinquanta del secolo scorso, è tutt’oggi un metodo particolarmente diffuso nell’ambito delle attività di informazione/comunicazione interna delle aziende. Si tratta di un modello limitato alla trasmissione di messaggi, che prescinde dal contesto in cui si attua il processo comunicativo e, soprattutto, che non presta particolare attenzione alle caratteristiche e specificità del target di riferimento. Infatti, tale approccio tende a costruire messaggi unici ipotizzando un pubblico di riferimento indifferenziato.
Un processo di omogeneizzazione teso a veicolare messaggi universali,senza tener conto delle differenze. Al contrario, nel modello inferenziale la priorità non è assegnata tanto al messaggio, quanto alla creazione di inferenze da parte del destinatario volta a ricostruire ciò che il mittente della comunicazione intende dire.
L’attività di comunicazione e interpretazione precede e sovrasta quella di codifica e decodifica tipica del modello trasmissivo (ARTUSO,MASON, 2008).
Rispetto a quest’ultimo, il modello inferenziale pone in primo piano le persone, destinatari della comunicazione, dando spazio alla diversità di codici e ai diversi processi di significazione. Attraverso questo processo i fruitori della comunicazione differenti tra loro per età, sesso e dimensione psico-sociale - potranno attivare molteplici catene inferenziali, e in considerazione che le persone non sono tutte uguali,la stessa comunicazione potrà attivare processi cognitivi divergenti.
Il modello inferenziale considera, dunque, la comunicazione come un processo che si attiva a partire dal basso. Se nel modello trasmissivo è sempre il mittente a dare il via alla comunicazione, attraverso l’inferenza non esiste mai un atto comunicativo se non per un soggetto che agisce, interagisce e interpreta. Ecco perché il modello inferenziale tiene conto non solo del contenuto del messaggio, ma anche della relazione:
la comunicazione è concepita come una conversazione permanente, un dialogo che si fonda sulla cooperazione e partecipazione degli attori coinvolti nel processo comunicativo.

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