Agenti chimici pericolosi

Come fare per individuare gli agenti chimici pericolosi?
La definizione degli agenti chimici pericolosi (D.Lgs. 81/2008, art.222); riportata più avanti al paragrafo definizioni e terminologia, non risulta certo di immediata comprensione.
Lo strumento principale per individuare gli agenti chimici pericolosi è la classificazione, etichettatura ed imballaggio degli agenti chimici e quindi il Regolamento CE n. 1272/2008 (CLP), e le schede di sicurezza. 
Argomenti affrontati entrambi al capitolo precedente.
Sostanzialmente sono classificati agenti chimici pericolosi tutte quelle sostanze o miscele pericolose per la salute che hanno un’etichettatura corrispondente ai simboli (DSP e DPP): Molto Tossici, Tossici, Corrosivi,Irritanti, Sensibilizzanti (cfr. §.4.5) e ai simboli (CLP): Tossicità acuta, Corrosione/irritazione pelle,Gravi danni agli occhi/irritazione occhi, Sensibilizzazione respiratoria o cutanea, Pericolo di aspirazione.
Misure e principi generali per la prevenzione dei rischi
La legge stabilisce che i rischi derivanti da agenti chimici pericolosi devono essere eliminati o ridotti al minimo attraverso la adozione di misure e principi generali di tutela quali:
a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro. Per i laboratori significa lo sviluppo di una nuova “cultura della sicurezza” che passa attraverso una valutazione più attenta e profonda,sotto il profilo della sicurezza, della “pianificazione del metodo analitico (prova)”. Tale pianificazione risulta favorita dal fatto che i metodi analitici sono divenuti procedure operative standard. 
Inoltre hanno una influenza rilevante nell’organizzazione e nel ritmo del lavoro l’esistenza di condizioni personali speciali come persone molto giovani o anziane, donne in stato di gestazione o di allattamento, persone sensibilizzate o in precarie condizioni di salute e la mancanza di informazione dei lavoratori sui prodotti che manipolano;
b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di manutenzione adeguate;
c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti attraverso una idonea organizzazione del lavoro e delle aree dove tale lavoro è effettuato;
d) riduzione al minimo della durata e dell’intensità dell’esposizione accorpando, ad esempio se possibile, i campioni da sottoporre ad analisi;
e) misure igieniche adeguate quali, ad esempio, l’utilizzo del corretto abbigliamento di lavoro come il camice,l’obbligo dell’utilizzo di occhiali protettivi durante tutte le attività di laboratorio, l’utilizzo dei guanti quando serve e la periodica pulizia delle mani;
f) riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione evitando di detenere troppi reagenti sui banchi di laboratorio conservandone opportunamente le quantità non necessarie negli appositi depositi e/o armadi di sicurezza;
g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell’immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonché dei rifiuti che contengono detti agenti chimici. 
L’attività di analisi produce quantitativi non indifferenti di residui e
prodotti esausti che a volte subiscono ulteriori processi chimici quali recuperi di solventi, separazioni e/o precipitazioni, prima di entrare a far parte dei rifiuti ai sensi della vigente normativa. La gestione di questi processi critici deve essere necessariamente ben codificata all’interno del metodo analitico.
Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione al tipo e alle quantità di un agente chimico pericoloso e alle modalità e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi è solo un rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori e che le misure sopra riportate sono sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le misure specifiche di protezione e di prevenzione, le disposizioni in caso di incidenti o di emergenze, la sorveglianza sanitaria e le cartelle sanitarie e di rischio  cioè le disposizioni contenute negli art. 225, 226, 229 e 230 del D.Lgs. 81/2008.
Il rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute
Con il D.Lgs. 81/2008 il precedente, già complesso, concetto di “rischio moderato per la sicurezza e la salute dei lavoratori” viene sostituito da una nuova definizione di entità del rischio derivante da agenti chimici pericolosi:
“rischio basso per la sicurezza ed irrilevante per la salute”; contestualmente si rimanda ad ulteriori decreti attuativi la definizione dei criteri per la determinazione del rischio.
Non essendo ancora stata definita questa soglia di rischio basso per la sicurezza ed irrilevante per la salute,permangono ampi margini di soggettività nella effettuazione di una “corretta” valutazione del rischio che salvaguardi la salute e la sicurezza dei lavoratori e tuteli legalmente le aziende senza penalizzarle con misure di prevenzione sovradimensionate.
Il metodo quantitativo proposto in questa linea guida è strutturato per la definizione di questa soglia.
Quando il processo valutativo indica il superamento della soglia di rischio definito basso per la sicurezza ed irrilevante per la salute, il datore di lavoro deve applicare le misure e i principi generali di prevenzione costituiti da:
1) sorveglianza sanitaria;
2) cartelle sanitarie e di rischio;
3) misure specifiche di prevenzione e protezione;
4) disposizioni in caso di incidenti o di emergenze.
È importante ancora ricordare che il concetto di rischio basso per la sicurezza ed irrilevante per la salute non può essere applicato in caso di sostanze cancerogene e/o mutagene dove si applica quanto previsto dal capo II del D.Lgs. 81/2008.

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